Jennifer Worth (1935-2011), inglese, in “Chiamate la levatrice” (edito nel 2002; in Italia Sellerio editore), primo libro di una trilogia sulla sua esperienza come levatrice in Gran Bretagna a partire dal 1950 nella zona proletaria di Londra

da cui la Bbc ha tratto una serie tv, racconta gli ‘esordi’ dell’ostetricia prenatale moderna…
È difficile oggi immaginare come fino al secolo scorso le donne in gravidanza non avessero alcuna assistenza ostetrica specialistica. La prima volta che una donna vedeva un dottore o una levatrice era al momento del travaglio. Per questo morti ed eventi infausti, sia per il bambino che per la madre, erano piuttosto comuni.

Tali tragedie venivano interpretate come la volontà di Dio quando, in realtà, erano soltanto l’inevitabile risultato di negligenza e ignoranza. Le signore dell’alta società erano seguite da un dottore durante la gravidanza, ma le sue visite non si potevano certo annoverare tra i trattamenti prenatali: erano piuttosto semplici visite di cortesia, poiché nessun medico, a quel tempo, aveva le competenze necessarie in fatto di assistenza prenatale.

Il pioniere in questa branca dell’ostetricia fu il dottor J.W. Ballantyne, dell’Università di Edimburgo (…). Nel 1900 Ballantyne scrisse un saggio in cui deplorava la terribile arretratezza della patologia prenatale e sollecitava vivamente l’istituzione di un ospedale ostetrico. Una donazione anonima di mille sterline permise l’introduzione del primo posto letto della storia per i trattamenti prenatali, nel 1901, al Simpson Memorial Hospital (…). Si trattò del primo posto letto riservato a tale utilizzo nel mondo civilizzato. A pensarci bene sembra incredibile. La medicina faceva passi da gigante. Lo stafilococco era stato isolato e così anche il bacillo della tubercolosi. Si aveva ormai una conoscenza completa del funzionamento del cuore e della circolazione sanguigna. Le funzioni di fegato, reni e polmoni erano chiare. L’anestesia e la chirurgia progredivano di pari passo. Ma nessuno, evidentemente, pareva pensare che gli esami prenatali fossero necessari per la vita e la sicurezza di una donna gravida e del suo bambino.

Solo dieci anni dopo, nel 1911, il primo ambulatorio prenatale venne aperto a Boston, USA. Un altro aprì a Sydney, in Australia, nel 1912. Il dottor Ballantyne dovette aspettare fino al 1915, quindici anni dopo la pubblicazione del suo fondamentale studio, per vedere sorgere un ambulatorio prenatale anche a Edimburgo.
Ballantyne, e come lui altri ostetrici lungimiranti, si trovarono di fronte l’ostilità di colleghi e politici che consideravano l’assistenza prenatale come un inutile spreco di denaro pubblico e di tempo per i medici. Allo stesso tempo veniva portata avanti, da donne visionarie e appassionate, la lotta per ottenere una formazione appropriata per le levatrici. Se il dottor Ballantyne incontrò delle difficoltà, per queste donne fu ancora più dura. Diventare il bersaglio di una violenta ostilità non era uno scherzo, come si può immaginare: oltre al sarcasmo, il disprezzo, il ridicolo, gli insulti alla propria intelligenza che dovevano sopportare, quelle donne rischiavano persino il licenziamento (…) la «lotta interna» tra le varie infermiere che avevano competenze di ostetricia e diverse scuole di pensiero, era particolarmente aspra. (…)

L’opposizione della medicina sembra aver avuto origine principalmente dalla convinzione che «le donne cercano di intromettersi troppo in ogni settore della vita». Anche gli ostetrici nutrivano forti dubbi che le capacità intellettive delle donne fossero tali da comprendere l’anatomia e la fisiologia del parto, opponendosi quindi alla loro formazione. Ma alla base di tutte queste paure c’era una sola vera ragione: (…) i soldi. La maggior parte dei medici, di norma, si faceva pagare una ghinea per un parto. Si andava spargendo la voce che le levatrici professioniste si facessero pagare solo mezza ghinea, battendoli sul prezzo! Si era ormai ai ferri corti.

Negli anni Sessanta del diciannovesimo secolo il Consiglio degli Ostetrici stimò che, su 1.250.000 nascite che si verificavano ogni anno in Gran Bretagna, circa il 10% erano assistite da un medico. Altri ricercatori riducevano la cifra al 3%. Di conseguenza, il resto – più di un milione di donne all’ anno – venivano assistite da donne senza preparazione o da nessuno addirittura se non un amico o un parente. Negli anni Settanta dell’Ottocento Florence Nightingale scrisse ‘Notes on Lying-in Infirmaries’, puntando l’attenzione sulla «totale assenza di formazione nelle istituzioni esistenti», affermando che «è una farsa, una presa in giro chiamare levatrici le donne che assistono i parti. In Francia, Germania e persino in Russia, una pratica del genere verrebbe definita “da macellai”. In questi paesi tutto viene gestito dal governo, mentre da noi è affidato all’impresa privata». La ghinea che i medici guadagnavano per ogni parto era una fetta consistente delle loro entrate. Bisognava opporsi alla minaccia rappresentata dalle levatrici. Il fatto che migliaia di donne e bambini morissero ogni anno per mancanza di assistenza non veniva neanche preso in considerazione.

Tuttavia quelle donne coraggiose, appassionate e dedite al lavoro, alla fine riuscirono a spuntarla. Nel 1902 venne approvato il Midwives Act e nel 1903 la Commissione Centrale Levatrici rilasciò il suo primo attestato a una levatrice professionista. Cinquant’anni dopo quei fatti, sentivo tutto l’orgoglio di essere un’epigona di quelle fantastiche persone e di poter mettere le mie competenze al servizio delle donne delle Docklands, donne forti, allegre ma che avevano sofferto troppo a lungo”.