Il monito della premio Nobel in esilio Shirin Ebadi a non astenersi dal voto ma a ‘coltivarlo’, come un fiore

Shirin Ebadi, magistrata iraniana in esilio dal 2009, premio Nobel per la Pace nel 2003: “Lo stesso anno in cui vinsi il Nobel, una figura poco nota diventò sindaco di Teheran. La maggior parte degli iraniani, e anche degli abitanti di Teheran, non aveva mai sentito parlare di Mahmoud Ahmadinejad, l’ingegnere civile proveniente dalla Teheran meridionale e operaia. Le elezioni municipali avevano richiamato la percentuale di votanti probabilmente più bassa nella storia della città. Solo il 12 per cento degli abitanti aveva votato, e quasi tutti appartenevano alla minoranza tradizionalista e radicale, fedele al regime islamico. La maggior parte degli iraniani, delusa dall’incapacità del presidente Mohammad Khatami di portare avanti le sue riforme, disertò le elezioni.
Grazie all’assenteismo della maggioranza moderata, i conservatori vinsero facilmente ed il consiglio comunale, composto di tradizionalisti duri e puri, scelse Ahmadinejad per governare Teheran”.

(…) “A poco a poco Teheran divenne la tela su cui Ahmadinejad disegnava la sua visione radicale dello Stato”.

Da ‘Finchè non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani’  (ed. Bompiani)

Ebadi nella video intervista del 19 febbraio 2015 a Wired

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Finchè non. saremo liberi

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