“Grazie, ragazzi”. E’ la scritta che campeggia nell’immagine conclusiva dello spot del Ministero della Difesa mandato in onda in questi giorni (in realtà risale almeno al 2008) dalle emittenti televisive

per ricordare la Giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale del 4 novembre.

A prescindere dal fatto che ci vuole ben altro di una pubblicità progresso per rinsaldare lo spirito di una nazione che oggi è stordita dalla crisi e umiliata dalla propria classe politica, a suscitare la mia reazione è proprio quella scritta così poco rispettosa del genere. Nel video è evidente lo sforzo di sottolineare la presenza delle donne nei diversi corpi delle nostre forze armate. Non c’è immagine in cui non si intravveda una militare o in cui questa non sia addiritura ‘protagonista’ di una stretta di mano con la società civile. Ottimo. Un’immagine vale più di tante parole. Perché allora chiudere scrivendo grazie RAGAZZI? E le ragazze? Lo so. La lingua italiana non contempla il neutro e il maschile dovrebbe essere utilizzato come ‘neutro inclusivo’: insomma quando si nominano gli uomini, le donne sono comprese, o meglio SOTTintese. Ma così non è. Fior di linguisti/e e, oggi, anche di scienziati/e, sottolineano l’importanza di usare un linguaggio differenziato nel genere perché è dal linguaggio che ha origine il processo cognitivo del mondo. Impariamo attraverso l’esperienza e le parole. Vediamo un piccoli insetto nero e giallo ed elaboriamo il concetto di ‘ape’. Vediamo lo spot e impariamo a dire grazie ai ‘ragazzi’. D’accordo, magari non ci stava bene scrivere ‘grazie ragazze e ragazzi’. Anche usare usare una formula passiva del tipo ‘vi ringraziamo’ o neutrale come ‘grazie forze armate’ non sarebbe stato efficace. E limitarsi ad un semplice ‘GRAZIE’?