Natale, persino per chi non è credente, rappresenta il momento più autentico di comunione all’interno delle costellazioni familiari. Ma quando viene a mancare la stella polare il firmamento diventa piu buio, asincrono, privo di un tracciato, di una speranza. È l’esperienza abissale in cui precipitano coloro che perdono una persona cara, in particolare coloro che, come racconta in questa lettera traboccante d’amore Maria Teresa Caporaso, che lo scorso 7 aprile ha perso il figlio Valerio, 27 anni, vittima di omicidio stradale, vengono condannati, da innocenti, all'”ergastolo del dolore”. 

“Caro Valerio, questo è il primo Natale

senza di te; con il 2015 si è infatti inaugurata una nuova era: quella della tua assenza su questo piano di esistenza. Ho compreso, definitivamente, man mano che passano i giorni che ci separano dalle festività, che tu non ci sei, non ci sarai ed il dolore che ho provato quando ho consapevolizzato l’inaccettabile, è stato di una intensità tale che ancora mi chiedo come il mio cuore non si sia frantumato in mille e più pezzi.
Natale, la vigilia, sono state sempre ‘la nostra’ festa e malgrado tutto il disagio che hai dovuto patire per una situazione familiare non certo semplice, l’intimita’ del nostro affetto ha sempre ritrovato in questa ricorrenza l’essenza della sacralità del legame.
Come procedo adesso? Come continuo? Puoi continuare a vivere nel mio cuore, nei ricordi… nel ricordo di te bambino, delle tue riflessioni, della tua incredibile saggezza infantile, molto più grande di quella degli adulti che ti circondavano. La tua assenza rende ancora più forte la tua presenza… tanto eri forte nel tuo essere presenza fisica possente, tanto eri dolce nella profondità del tuo sguardo, tanto eri tremendo nella tua adolescenziale testardaggine, tanto eri fiero nel tuo nome.
Ora anche io vivo l’ergastolo del dolore, come gli altri familiari delle vittime della strada. Il confronto/incontro con altri genitori orfani come me, con cui procedo in un percorso che è ‘un tenersi per mano’ in questa nuova e tremenda vita sembra essere per me uno dei pochi momenti di sostegno, rispetto a questa deflagrazione psichica dovuta alla tua mancanza a cui non vi è risposta terapeutica che tenga. Ci sarà, come si dice, con il tempo un abituarsi al dolore, ad una sua cronicità, che puntualmente riesploderà acutamente nelle ricorrenze varie che ricorderanno ancora una volta e di più la tua mancanza, di te che mi mantenevi la prospettiva e il desiderio di ‘un futuro’. Tutto il resto è vita… Con amore infinito tua madre”.