Axelle LemarieAd Axelle Lemarie viene voglia di chiedere: se non ora, quando? Al premier francese Francois Hollande che l’ha raggiunta telefonicamente durante una trasmissione televisiva per chiederle di entrare a far parte del suo Governo,

Lemarie, 37 anni, con doppia nazionalità franco-canadese (è nata in Canada da madre francese e padre franco-canadese, è cresciuta a Hull, nel Quebec, si è trasferita a 15 anni a Parigi, dove ha compiuto parte dei suoi studi, poi ultimati a Londra), avvocata, due figli, residente a Londra da 10 anni, ha risposto di no perché è impegnata a fare la mamma e perché vuola “cambiare la vita della gente”, non la sua. Prendendo per veritiere le motivazioni riportate dai mass media viene da chiedersi: allora perché è entrata in politica divenendo la prima eletta (la legge è stata modificata nel 2008) del Parlamento francese in rappresentanza dei francesi residenti all’estero (circa 2,5 milioni)?

Facciamo un passo indietro fino al dilemma amletico che attanaglia tutte le madri, che si lavori in fabbrica o in un ministero: come dividersi tra lavoro e figli, senza far mancare nulla (soprattutto in termini affettivi ed educativi) a questi ultimi? O come non sentirsi colpevoli se hanno dei problemi (in questo caso il confronto con i figli delle mamme casalinghe è spesso liberatorio: i problemi sono gli stessi), perché la qualità non sempre sopperisce alla quantità? Di sicuro Axelle Lemarie una risposta già se l’è data. Infatti lavora in uno studio legale, si è impegnata a Londra per i laburisti e, soprattutto, ha scelto di impegnarsi politicamente in prima persona, sostenendo una campagna elettorale oltre Manica come candidata per la circoscrizione dell’Europa del Nord (10 stati, 600 mila persone) fino ad ottenere l’elezione in Parlamento con i Socialisti. Un successo e un impegno non da poco. Poi la chiamata al Governo. E il rifiuto. Forse Lemarie ha pensato che non avrebbe potuto fare la pendolare tra Parigi e Londra (è così che intende svolgere il suo ruolo in Parlamento?) e che, come Ministra, avrebbe dovuto trasferirsi (stravolgendo senz’altro le vite dei figli) a Parigi. Di certo il problema non è gestionale: a quei livelli è possibile permettersi un paio di governanti. Insomma, avrebbe potuto fare la mamma senza dover fare anche la tassista (come spesso ci si riduce, per accompagnare i pargoli qua e là). Al di là di una scelta che resta personale, viene però da chiedersi perché impegnarsi ‘ma solo fino ad un certo punto’ quando invece dichiara sul suo blog di aver scelto la politica per il “desiderio di fare la differenza, per servire gli altri e aiutare a cambiare la società, con dinamismo e integrità”. Arrivare ai vertici di un Ministero, fosse anche solo quello per i residenti all’estero, avrebbe potuto significare lasciare un segno molto più che non come singola parlamentare. E forse avrebbe potuto fare qualcosa per tutti i francesi con un occhio particolare, però, per le mamme che lavorano.